ABISSO DEI CAMPELLI

Speleologia
Descrizione itinerario

L’abisso dei Campelli è la cavità di gran lunga più significativa dell’intero comprensorio costituito dai Piani di Bobbio e Artavaggio.
L’area è caratterizzata dalla presenza di un’importante faglia a scala chilometrica nota con il nome di Linea del Faggio. Questa divide la zona in due strutture idrogeologiche probabilmente indipendenti.
La parte occidentale, di estensione più modesta, è costituita principalmente dai Calcare di Esino e Perledo-Varenna, rocce particolarmente carsificabili. In questa zona sono note una quindicina di cavità; le principali sono le due risorgenze del sistema, Lacca della Bobbia e Sandro Lecchi, e Terminal, una cavità di recente esplorazione ad andamento prevalentemente verticale la cui profondità supera i 100 m.
La parte orientale è più vasta comprendendo una parte dei Piani di Bobbio, l’intera dorsale del Campelli e la quasi totalità dei Piani di Artavaggio. Tutta l’area è costituita quasi esclusivamente (con delle eccezioni legate alla complessa struttura geologica, prima fra tutte la caratteristica piramide che costituisce la vetta del monte Sodadura) da dolomie, rocce non particolarmente carsificabili. L’assenza di scorrimenti idrici superficiali significativi e la recente individuazione di un’importante sorgente carsica nell’alveo del torrente Stabina in Valtorta, lascia comunque presagire l’esistenza di un sistema carsico profondo molto sviluppato che raccoglie le acque meteoriche veicolandole verso est. La grande maggioranza delle grotte note nell’area, una cinquantina circa, è però di origine tettonica; anche l’abisso dei Campelli, con una profondità che sfiora i 500 m e uno sviluppo superiore al chilometro, non fa eccezione. La cavità è infatti impostata su un’evidente frattura. In particolare le morfologie del primo tratto, costituito da ambienti verticali per una profondità complessiva superiore ai 300m, evidenziano la genesi tettonica. Le parti più profonde sono costituite da due distinti rami che si approfondiscono rispettivamente fino a -461 m e -483 m e presentano marcati segni di dissoluzione carsica.
L’ingresso della cavità, che si apre a quota 2020 m s.l.m. in prossimità dell’omonima cima, fu segnalato dal gestore del Rifugio Cazzaniga ad alcuni elementi del Gruppo Grotte Milano CAI SEM impegnati in una campagna di ricerca nell’area nel 1965. Le esplorazioni, avvenute l’anno successivo, condotte, oltre che dai milanesi, anche da speleologi torinesi e faentini, permisero di raggiungere la profondità di –380 m arrestandosi di fronte a una strettoia. Sul finire degli anni ’70, la cavità fu rivisitata da elementi di Speleo Club Orobico e del Gruppo Speleologico Lecchese che individuarono diverse prosecuzioni. In particolare ebbero modo di percorrere i due rami più profondi della cavità, arrestandosi nuovamente di fronte a passaggi troppo stretti. Un’ulteriore revisione, effettuata nei primi anni ’90, ha dato scarsi risultati.
Nell’area sono note altre quattro cavità (Abisso presso la Cima di Piazzo, Mucca Scivolona, Abisso Pilaf, W le Bambine) che presentano una profondità superiore ai 100 m. Anch’esse comunque presentano morfologie prevalentemente tettoniche.
Autore: Antonio Premazzi – SPELEO CLUB CAI ERBA – Progetto InGrigna!

Si ringrazia Federazione Speleologica Lombarda per l’utilizzo a titolo gratuito dei dati catastali delle grotte citate nel testo

Note

DIDASCALIA IMMAGINE CAMPELLI
La maggior parte delle cavità dell’area dei Piani di Bobbio e Artavaggio hanno un andamento prevalentemente verticale e presentano morfologie tettoniche. Nell’immagine il secondo pozzo dell’abisso Mucca Scivolona (foto Andrea Ferrario– GRUPPO GROTTE CAI SARONNO – Progetto InGrigna!)

Tracciato GPS

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